Nella pratica clinica molto spesso ricevo genitori che vengono da me per un problema che ha il loro figlio. I sintomi possono essere vari, a seconda anche della fase del ciclo di vita che quel figlio si sta trovando ad affrontare. I bambini possono avere problemi con le emozioni più scomode, come la rabbia; gli adolescenti possono avere problemi di ansia, depressione, essere isolati dal gruppo dei pari o bullizzati; i figli più grandi, quelli per intenderci che sono dei giovani adulti, possono risultare troppo dipendenti dalla famiglia d’origine, non trovano un lavoro o addirittura non riescono ad avere relazioni stabili, il che genera in loro sintomi depressivi/ansiosi. Quello che tento di spiegare a questi genitori è che difficilmente il sintomo di un figlio è solo suo. Solitamente lui è solo il portatore, il capro espiatorio dei problemi della famiglia stessa (Bateson, 1996)
“Il paziente identificato è di solito colui che cerca per primo un aiuto psicoterapeutico in quanto è quello sintomatico e, dunque, percepisce importanti gradi di difficoltà e sofferenza”
Qualche volta è la famiglia stessa che manda il paziente designato in terapia nella speranza che “guarisca” e che si risolvano così tutte le tensioni intrafamiliari.
Paradossalmente, via via che il paziente designato sta meglio, la famiglia tende a resistere o a ripristinare lo status quo. La guarigione o il miglioramento del paziente designato, infatti, spostano l’equilibrio mettendo in crisi tutta la famiglia che si ritrova costretta a metter in discussione le sue dinamiche interne.
Quando capisco che la persona che ho davanti è un possibile paziente designato faccio almeno un tentativo di inglobare nella terapia tutta la famiglia perché il germe patologico non è personale ma sistemico. E’ il sistema famiglia che non funziona e non l’individuo (anche se è lui che manifesta sintomi).
Molto frequentemente, come dicevo poco sopra, il paziente designato è uno dei figli. La sua patologia concentra l’attenzione di tutta la famiglia su di lui col pensiero accompagnatorio che “se lui non fosse così, tutto andrebbe bene”. In realtà è spesso la coppia genitoriale che è disfunzionale e, per non rischiare la conflittualità o addirittura la separazione, converge tutte le sue tensioni sul figlio sintomatico.
La designazione del paziente designato è un processo assolutamente inconsapevole ed è diretto, di solito, verso l’individuo che nella famiglia ha il minor potere. Ecco perché il più delle volte è appunto un figlio.
Ecco, dunque, che la terapia familiare è l’approccio di elezione per il trattamento di questi casi.
La terapia familiare, qualora il tentativo di “tirare dentro” tutta la famiglia nella stanza di terapia riuscisse, è sicuramente il trattamento più rapido ed efficace di ripristinare l’equilibrio funzionale che quella famiglia ha perso.